Classi senza zaino

A scuola senza zaino? Al Polo Tecnico del Mediterraneo si può, grazie alla sperimentazione "Scuola senza zaino - per una scuola comunità" attiva ormai da quattro anni. Gli studenti che scelgono le classi senza zaino non usano libri di testo cartacei, ma materiali didattici creati e forniti dai docenti in formato digitale, e usufruiti tramite Lim (lavagne elettroniche) o piattaforma GoogleClassroom direttamente sul proprio device.

Per le classi senza zaino sono state allestite e attrezzate aule speciali, con arredi funzionali alle attività che si svolgono: banchi monoposto mobili per favorire le attività di gruppo; Lim e schermi per la proiezione dei materiali di supporto all'attività didattica o di quelli autoprodotti dagli stessi studenti.
Alle classiche lezioni frontali si sostituiscono attività di ricerca-azione, con spirito di comunità per favorire esperienze significative. Niente voti, ma lettere per abbattere la cosiddetta “ansia da prestazione scolastica" così diffusa tra gli adolescenti.
Sono previsti incontri mensili con i genitori, al fine di promuovere la loro partecipazione “attiva” nel percorso formativo, riunioni mensili del Consiglio di classe, per discutere sull’andamento didattico-disciplinare degli alunni e per condividere la progettazione.
Al termine dell’anno scolastico viene consegnato a ciascun alunno un certificato delle competenze di base nel quale viene indicato il  livello  raggiunto in ogni disciplina e gli eventuali argomenti oggetto di recupero.

“Scuola senza zaino” non è un modello predefinito ma un percorso di ricerca – azione in continuo cambiamento, che sollecita l’autonomia e la partecipazione degli alunni alla gestione delle scuola e delle attività didattiche, valorizza il contributo e la libertà di insegnamento di ciascun docente e incentiva l’inclusione dei genitori.

 

L’APPROCCIO GLOBALE AL CURRICOLO (GCA)

Il Curricolo Globale
Il Modello di Scuola SZ mette l’accento sull’organizzazione dell’ambiente formativo, partendo dal presupposto che dall’allestimento del setting  educativo dipendono sia il modello pedagogico-didattico che si intende proporre e adottare, sia il modello relazionale che sta alla base dei rapporti tra gli attori scolastici: gli elementi di diversa natura che intervengono a scuola si intrecciano gli uni negli altri, perché è l’esperienza scolastica nel suo complesso ad essere formativa ed è dunque necessario progettarla nella sua globalità, senza lasciare niente al caso.

Nella consapevolezza che si apprende più dall’ambiente, inteso anche come comunità, che dal singolo insegnante (Dewey, 1953), il contesto educativo è visto come un sistema complesso composto da una struttura materiale, l’hardware  (spazi e architetture in genere, arredi, strumenti didattici, tecnologie), e da una struttura immateriale, il software  (le relazioni, le competenze professionali dei docenti, ma anche quelle degli allievi, le Indicazioni nazionali e i piani formativi, i sistemi di valutazione, ecc.). Il collegamento reciproco di hardware e software, l’interconnessione di tempi, spazi, soggetti e oggetti, da cui scaturiscono le “azioni”, cioè le attività e le pratiche, diventano oggetto in SZ di ricerca cooperativa e continua progettazione.

Questa attenzione all’ambiente formativo è definita in SZ Approccio Globale al Curricolo (Global Curriculum Approach – GCA).

Il concetto di globalità è riferibile anche alla persona in quanto tale, per cui sono considerate, come artefici di apprendimento, tutte le dimensioni proprie dell’individuo (cognitiva, corporea, relazionale, affettiva, emotiva) e la qualità dell’esperienza che ogni singolo allievo riesce a vivere a scuola: un apprendimento significativo e profondo parte dall’esperienza e ad essa ritorna, è frutto dell’attenta considerazione di realtà astratta (gli aspetti simbolico-ricostruttivi), realtà diretta (il rapporto faccia a faccia con altri esseri umani ed il mondo), realtà virtuale (creata dai media elettronici). All’introduzione delle nuove tecnologie, si affianca sempre il recupero effettivo dell’aspetto corporeo e il contatto con il mondo inteso nella sua oggettualità; in altre parole, è dato rilievo alla tradizione simbolico-astratta (che richiama prima di tutto il leggere, scrivere, ascoltare e parlare), ma anche ai sistemi di comunicazione visuale che sollecitano l’immaginazione.

Riferendoci in particolare all’intreccio tra la dimensione relazionale e la dimensione cognitiva, da una Ricerca dell’Università degli Studi di Firenze del 2009 su un campione significativo di alunni delle scuole SZ confrontati con altri provenienti dalle scuole tradizionali, è emersa una correlazione tra il rendimento scolastico e due aspetti importanti della competenza sociale, cioè la prosocialità (comportamento volontario diretto a beneficiare altre persone) e la collaborazione. Ciò conferma che sviluppare la competenza sociale aiuta nel successo scolastico.

Si può parlare poi di globalità in ordine ai saperi, recuperando l’esigenza di individuare il legame tra le discipline di studio, per evitare che la conoscenza risulti frammentaria e rigidamente ripartita in comparti isolati.

In sintesi, il CGA sostiene, come del resto è previsto dalle Indicazioni Nazionali (2012), la connessione tra il cosa,  cioè l’aspetto dei conte­nuti dell’insegnamento,  e il come che riguarda invece i modi dell’insegnare. 

Il cosa ci impegna a legare i saperi, i campi di esperienza, le discipline, sia in senso verticale, individuando un percorso di progressivo approfondimento e di specializzazio­ne, sia in senso orizzontale, favorendo l’interconnessione e l’interdisciplinarietà.

Il come, riguardando i metodi e i modi di organizzare il lavoro scolastico, sottolinea l’attenzione alla disposizione spaziale e all’uso della strumentazione didattica, all’incremento della responsabilizzazione degli alunni, che implica anche un sempre più accentuato ricorso ad un inse­gnamento costruttivistico, basato sul problem solving e sulla scelta.

Dunque, l’Approccio Globale al Curricolo tiene conto che qualsiasi esperienza di apprendimento è situata in un ambiente, il quale instaura una relazione reciproca, coinvolgente, trasformante, con il soggetto che ne è parte. John Dewey considerava “assurda e impossibile” (Dewey, 1972) la separazione tra le persone e le cose, nella convinzione che fosse proprio l’azione scambievole nel contatto con gli oggetti a determinare un’attività dotata di intenzioni significative e coscienti.

 SZ ricerca dunque il livello massimo di intenzionalità nella progettazione degli ambienti formativi, che possono ritenersi la feconda integrazione tra artefatti culturali, normativi, tecnologici e specifiche azioni umane di soggetti che si relazionano ed operano entro una comunità di pratiche; proprio a partire dall’inter-soggettività, si sperimenta il lavoro collaborativo e di ricerca fattiva, finalizzato all’apprendimento. La qualità della formazione parte dalla capacità dell’insegnamento di produrre sì cognizioni ed abilità, ma anche motivazioni intellettuali, equilibrio emotivo, capacità relazionale, gusto estetico, responsabilità, accettazione di sé e degli altri. L’ambiente, quindi, è inteso come valore culturale che consente ai soggetti in formazione di affermare la loro esistenza, in un processo continuo di realizzazione personale e sociale.

Fonte: scuolasenzazaino.org